L’evoluzione della disciplina sul licenziamento collettivo

L’evoluzione della disciplina sul licenziamento collettivo | NT+ Diritto (ilsole24ore.com)

LA QUESTIONE
Quali sono i casi in cui è possibile procedere con un licenziamento collettivo? Come si articola la procedura di licenziamento collettivo? Quali sono le tutele previste dall’ordinamento per le ipotesi di licenziamento collettivo illegittimo?

La profonda permeabilità del tessuto economico sociale nostrano rispetto ad eventi di particolare incidenza plurindividuale importa, da sempre, una particolare rilevanza ed allerta per situazioni di possibile impatto collettivo.

Per tale ragione, la prospettazione di ipotesi di risoluzione di una molteplicità di rapporti di lavoro in un arco temporale circoscritto e in determinati contesti produttivi ha generato, da tempo, l’esigenza di un intervento regolativo di matrice legislativa, essendosi avvertita…

Assenze ingiustificate: licenziamento o dimissioni?

MementoPiù (mementopiu.it)

22/05/2024 | Paolo Patrizio

L’assenza ingiustificata del dipendente rappresenta non solo una violazione dell’obbligo di diligenza (art. 2104 c.c.) e delle regole di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.), ma anche un illecito civile a carattere contrattuale e disciplinare, come tale sanzionabile dal datore ovvero, secondo la novella del DDL lavoro, interpretabile quale dimissione volontaria.

Obblighi del lavoratore

È prestatore di lavoro colui che si obbliga, mediante retribuzione, a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione datoriale, nel rispetto delle indicazioni impartite e dei tempi e modi di resa dell’attività richiesta.

Eppure, oltre al mero adempimento della principale obbligazione di offerta ed esecuzione della prestazione lavorativa conformemente alle mansioni assegnate, secondo l’orario di lavoro concordato e nel luogo stabilito, il rapporto di lavoro appare arricchito da una serie di ulteriori obblighi aggiuntivi.

Tali obblighi consistono nei doveri di diligenza, di obbedienza e di fedeltà del lavoratore, che trovano la propria traduzione normativa, in ambito codicistico, negli artt. 2104 e 2105 c.c. e che costituiscono, di fatto, una specificazione applicativa, in sede lavorativa, dei principi di cui agli artt. 1175,…

Lo sviamento di clientela quale condotta lesiva tra aziende

green company Magazine (flipbookpdf.net)

A cura di avv. Paolo Patrizio

Founder dello Studio “Paolo Patrizio Legal – Lawyers-Advisers-Consultants”

Nello scorso numero di Green Magazine abbiamo espresso alcune considerazioni di sintesi su quella che potrebbe essere definita come la prima fattispecie tipica, di matrice giuslavoristica, di condotta lesiva della concorrenza tra aziende, ovvero lo storno illecito di dipendenti.

Oggi, invece, dedicheremo alcuni veloci spunti argomentativi alla seconda tipologia cristallizzata nel disposto del terzo comma dell’art. 2598 c.c., che fa riferimento all’ipotesi del c.d. Sviamento di clientela, quale comportamento “non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda” e, pertanto, ricompreso nel novero dei mezzi ritenuti lesivi dall’assetto interno di derivazione civilistica.

L’evoluzione della disciplina sul licenziamento per giusta causa

L’evoluzione della disciplina sul licenziamento per giusta causa | NT+ Diritto (ilsole24ore.com)

di Paolo Patrizio, 16 Aprile 2024

la QUESTIONE

Che cos’è la giusta causa di licenziamento? Da cosa si differenzia rispetto al giustificato motivo soggettivo? Come è mutata la disciplina sulla giusta causa di licenziamento nel tempo? In tema di licenziamento per giusta causa è vincolante la tipizzazione contenuta nel CCNL?


L’attuale disciplina del licenziamento per giusta causa è, indiscutibilmente, frutto di una progressiva “stratificazione” nel tempo di svariati interventi legislativi, posti in essere, a più riprese, con il…

La procedura di licenziamento collettivo

MementoPiù (mementopiu.it)

23/04/2024 | Paolo Patrizio

La disciplina del licenziamento collettivo è volta alla regolamentazione dei casi di plurima risoluzione di rapporti lavorativi, ad opera di imprese ammesse al trattamento CIGS che non possono più garantire il reimpiego dei dipendenti, ovvero di datori di lavoro privati (anche non imprenditori) che occupano più di 15 dipendenti e che intendano effettuare almeno 5 licenziamenti nell’arco di 120 giorni.

Inquadramento

La possibile cessazione di una pluralità di rapporti di lavoro in un lasso di tempo oltremodo ristretto rappresenta, senza dubbio, un passaggio certamente critico per il tessuto economico e sociale di qualsiasi contesto di riferimento, siccome rivelatore di una situazione potenzialmente di grave impatto e ricaduta sulla vita delle persone coinvolte, delle rispettive famiglie e delle comunità di appartenenza.

Per tali ragioni il legislatore, grazie anche ad un importante impulso di matrice comunitaria, è intervenuto, da tempo, a disciplinare il fenomeno del c.d. licenziamento collettivo, elaborando una normativa di tutela e garanzia degli interessi contrapposti naturalmente coinvolti in tale processo di dismissione occupazionale, con l’obiettivo di regolare e regolamentare i presupposti di operatività e le varie fasi sottese alla corretta gestione degli esuberi in organico, così da poter legittimare e…

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La procedura disciplinare e la comminazione delle sanzioni disciplinari

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07/03/2024 | Paolo Patrizio

Il procedimento disciplinare condensa in sé l’impostazione regolamentativa del corretto esercizio del potere sanzionatorio di appannaggio datoriale, consentendo l’applicazione, nel rispetto dei limiti (procedurali e sostanziali) e dei principi fissati dal legislatore, dei provvedimenti previsti per la commissione di determinate violazioni e condotte da parte dei lavoratori.

Il potere datoriale

L’esercizio del potere disciplinare rappresenta, nel sistema giuslavoristico, una tipica prerogativa datoriale, azionabile discrezionalmente dal vertice aziendale per contestare (e, quindi, eventualmente sanzionare) l’inadempimento prestazionale del dipendente e/o la violazione delle obbligazioni immanenti al rapporto lavorativo (partendo proprio dalla tricotomia dei doveri di diligenza, obbedienza e fedeltà, di cui al combinato disposto degli art. 2104 e 2105 c.c.) o, comunque, l’adozione di condotte contrarie a disposizioni normative e principi sociali a carattere comportamentale direttamente incidenti sul rapporto di lavoro.

Il procedimento disciplinare assurge, dunque, a meccanismo regolatorio del precipuo potere datoriale, la cui estrinsecazione non appare incondizionata e prettamente potestativa, avendo il legislatore analiticamente indicato i passaggi essenziali ed i limiti sostanziali e procedurali sottesi al corretto…

Il procedimento disciplinare nel rapporto di lavoro privato

Guida al Diritto – Il Sole 24 Ore

02/03/2024


a cura di Paolo Patrizio

LA QUESTIONE Quando è esercitabile il potere disciplinare da parte datoriale? Quali passaggi connotano il procedimento disciplinare? Quali sono i principi che regolano l’intero procedimento? Quali le prerogative di esercizio del potere sanzionatorio?

Nella articolazione semantica propria del nostro ambito laburistico è considerato prestatore di lavoro subordinato colui che si obbliga, mediante retribuzione, a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore.

E’, infatti, quest’ultimo che, nell’ossatura ordinamentale, rappresenta il principale artefice e garante del buon funzionamento dell’organizzazione dei fattori produttivi ed, in ultima istanza, del regolare svolgimento dell’attività di impresa ed è su di lui che si articola il concreto esercizio di quella libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost., che, non a caso, trova uno dei propri corollari applicativi proprio nell’attribuzione del potere datoriale di infliggere sanzioni disciplinari in proporzione alla gravità dell’illecito accertato.

Nel combinato disposto del potere direttivo, di controllo e disciplinare, invero, riposa normalmente la tricotomia della natura stessa del rapporto di subordinazione lato senso inteso, ma senza dimenticare una caratteristica essenziale di tale ripartizione sostanziale, ovvero la facoltatività del suo esercizio.

Trasformazione da part-time a full-time possibile per fatti concludenti

Trasformazione da part-time a full-time possibile per fatti concludenti | Quotidianopiù (quotidianopiu.it)

22/02/2024

di Paolo Patrizio – Avvocato – Professore – Università internazionale della Pace delle Nazioni Unite


Con la pronuncia n. 4354 del 19 febbraio 2024 la Suprema Corte interviene sul tema della trasformazione, per fatti concludenti, di un rapporto di lavoro da part time a full time, rispondendo così al quesito se l’espletamento di un orario di lavoro maggiore di quello stabilito nel contratto a tempo parziale sia di per sé in grado di determinare la modificazione del rapporto in “a tempo pieno”, dato che né la legge né il CCNL prevedono tale esito.

La questione approda, infatti, all’attenzione della Cassazione dopo che, in sede di merito, era stato riconosciuto il menzionato effetto modificativo sostanziale del rapporto di lavoro, in conseguenza della prestazione effettivamente resa dal dipendente part time, il quale aveva costantemente lavorato osservando un orario ben superiore a quello contrattualmente pattuito e pressoché corrispondente a quello previsto per il tempo pieno, se non addirittura più esteso.

Il datore ricorrente, nondimeno, decideva di sottoporre il caso al vaglio della Corte di legittimità, stigmatizzando la decisione dei giudici territoriali e sostenendo l’insufficienza ex sé del superamento dell’orario di lavoro per la trasformazione del contratto da part t

Cessione azienda: credito lavoratore non riammesso ha natura retributiva

Cessione azienda: credito lavoratore non riammesso ha natura retributiva | Quotidianopiù (quotidianopiu.it)

13/02/2024

di Paolo Patrizio – Avvocato – Professore – Università internazionale della Pace delle Nazioni Unite


La Cassazione, con pronuncia 7 febbraio 2024 n. 3505, ha dichiarato che in caso di nullità della cessione d’azienda, l’obbligazione di pagamento, che ha natura retributiva e non risarcitoria, ricade sul datore cedente in mora che ingiustificatamente rifiuti la prestazione offerta dal lavoratore.

Il casus belli trae origine dall’opposizione proposta da una Società informatica avverso il decreto ingiuntivo relativo al pagamento delle retribuzioni maturate dal dipendente a seguito della declaratoria di nullità dell’intervenuta cessione del ramo d’azienda presso il quale il lavoratore era impiegato e della mancata riammissione in servizio da parte della cedente datrice di lavoro.

Nel respingere la richiesta della Società ricorrente, i Giudici di merito avevano ritenuto che la pretesa azionata dal dipendente avesse natura retributiva e che, una volta costituto in mora, il datore di lavoro cedente fosse obbligato a corrispondere le retribuzioni e non a risarcire il danno, nonostante il lavoratore avesse proseguito la propria attività lavorativa con il cessionario.

Lo storno illecito di dipendenti quale condotta lesiva della concorrenza tra aziende

green company Magazine (flipbookpdf.net)


di avv. Paolo Patrizio

Founder dello Studio “Paolo Patrizio Legal – Lawyers-Advisers-Consultants”

Nella nostra quotidianità abbiamo certamente sentito parlare di atti di concorrenza sleale tra aziende, quali ipotesi sostanziali finalizzate alla illegittima appropriazione di quote di mercato e/o della clientela tra imprese concorrenti, attraverso condotte che risultino contrarie all’etica commerciale ed alla correttezza professionale.

Eppure, ci siamo mai chiesti davvero in cosa consistano tali fattispecie e quali siano le prerogative proprie della tutela offerta dall’ordinamento in funzione deterrente?

Nel nostro impianto codicistico, il tema trova il proprio addentellato nell’art. 2598 c.c., rubricato “Atti di concorrenza sleale” e destinato alla disciplina di tale funzione di tutela ordinamentale, in cui si prevede come “Ferme le disposizioni che concernono la tutela dei segni distintivi e dei diritti di brevetto, compie atti di concorrenza sleale chiunque: 1) usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l’attività di un concorrente; 2) diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull’attività di un concorrente, idonei a determinarne il discredito, o si appropria di pregi dei prodotti o dell’impresa di un concorrente; 3) si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda”.