Il procedimento disciplinare nel rapporto di lavoro privato

Guida al Diritto – Il Sole 24 Ore

02/03/2024


a cura di Paolo Patrizio

LA QUESTIONE Quando è esercitabile il potere disciplinare da parte datoriale? Quali passaggi connotano il procedimento disciplinare? Quali sono i principi che regolano l’intero procedimento? Quali le prerogative di esercizio del potere sanzionatorio?

Nella articolazione semantica propria del nostro ambito laburistico è considerato prestatore di lavoro subordinato colui che si obbliga, mediante retribuzione, a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore.

E’, infatti, quest’ultimo che, nell’ossatura ordinamentale, rappresenta il principale artefice e garante del buon funzionamento dell’organizzazione dei fattori produttivi ed, in ultima istanza, del regolare svolgimento dell’attività di impresa ed è su di lui che si articola il concreto esercizio di quella libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost., che, non a caso, trova uno dei propri corollari applicativi proprio nell’attribuzione del potere datoriale di infliggere sanzioni disciplinari in proporzione alla gravità dell’illecito accertato.

Nel combinato disposto del potere direttivo, di controllo e disciplinare, invero, riposa normalmente la tricotomia della natura stessa del rapporto di subordinazione lato senso inteso, ma senza dimenticare una caratteristica essenziale di tale ripartizione sostanziale, ovvero la facoltatività del suo esercizio.

Trasformazione da part-time a full-time possibile per fatti concludenti

Trasformazione da part-time a full-time possibile per fatti concludenti | Quotidianopiù (quotidianopiu.it)

22/02/2024

di Paolo Patrizio – Avvocato – Professore – Università internazionale della Pace delle Nazioni Unite


Con la pronuncia n. 4354 del 19 febbraio 2024 la Suprema Corte interviene sul tema della trasformazione, per fatti concludenti, di un rapporto di lavoro da part time a full time, rispondendo così al quesito se l’espletamento di un orario di lavoro maggiore di quello stabilito nel contratto a tempo parziale sia di per sé in grado di determinare la modificazione del rapporto in “a tempo pieno”, dato che né la legge né il CCNL prevedono tale esito.

La questione approda, infatti, all’attenzione della Cassazione dopo che, in sede di merito, era stato riconosciuto il menzionato effetto modificativo sostanziale del rapporto di lavoro, in conseguenza della prestazione effettivamente resa dal dipendente part time, il quale aveva costantemente lavorato osservando un orario ben superiore a quello contrattualmente pattuito e pressoché corrispondente a quello previsto per il tempo pieno, se non addirittura più esteso.

Il datore ricorrente, nondimeno, decideva di sottoporre il caso al vaglio della Corte di legittimità, stigmatizzando la decisione dei giudici territoriali e sostenendo l’insufficienza ex sé del superamento dell’orario di lavoro per la trasformazione del contratto da part t

Cessione azienda: credito lavoratore non riammesso ha natura retributiva

Cessione azienda: credito lavoratore non riammesso ha natura retributiva | Quotidianopiù (quotidianopiu.it)

13/02/2024

di Paolo Patrizio – Avvocato – Professore – Università internazionale della Pace delle Nazioni Unite


La Cassazione, con pronuncia 7 febbraio 2024 n. 3505, ha dichiarato che in caso di nullità della cessione d’azienda, l’obbligazione di pagamento, che ha natura retributiva e non risarcitoria, ricade sul datore cedente in mora che ingiustificatamente rifiuti la prestazione offerta dal lavoratore.

Il casus belli trae origine dall’opposizione proposta da una Società informatica avverso il decreto ingiuntivo relativo al pagamento delle retribuzioni maturate dal dipendente a seguito della declaratoria di nullità dell’intervenuta cessione del ramo d’azienda presso il quale il lavoratore era impiegato e della mancata riammissione in servizio da parte della cedente datrice di lavoro.

Nel respingere la richiesta della Società ricorrente, i Giudici di merito avevano ritenuto che la pretesa azionata dal dipendente avesse natura retributiva e che, una volta costituto in mora, il datore di lavoro cedente fosse obbligato a corrispondere le retribuzioni e non a risarcire il danno, nonostante il lavoratore avesse proseguito la propria attività lavorativa con il cessionario.

Lo storno illecito di dipendenti quale condotta lesiva della concorrenza tra aziende

green company Magazine (flipbookpdf.net)


di avv. Paolo Patrizio

Founder dello Studio “Paolo Patrizio Legal – Lawyers-Advisers-Consultants”

Nella nostra quotidianità abbiamo certamente sentito parlare di atti di concorrenza sleale tra aziende, quali ipotesi sostanziali finalizzate alla illegittima appropriazione di quote di mercato e/o della clientela tra imprese concorrenti, attraverso condotte che risultino contrarie all’etica commerciale ed alla correttezza professionale.

Eppure, ci siamo mai chiesti davvero in cosa consistano tali fattispecie e quali siano le prerogative proprie della tutela offerta dall’ordinamento in funzione deterrente?

Nel nostro impianto codicistico, il tema trova il proprio addentellato nell’art. 2598 c.c., rubricato “Atti di concorrenza sleale” e destinato alla disciplina di tale funzione di tutela ordinamentale, in cui si prevede come “Ferme le disposizioni che concernono la tutela dei segni distintivi e dei diritti di brevetto, compie atti di concorrenza sleale chiunque: 1) usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l’attività di un concorrente; 2) diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull’attività di un concorrente, idonei a determinarne il discredito, o si appropria di pregi dei prodotti o dell’impresa di un concorrente; 3) si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda”.

Il procedimento disciplinare nel rapporto di lavoro privato

Il procedimento disciplinare nel rapporto di lavoro privato | NT+ Diritto (ilsole24ore.com)


di Paolo Patrizio

29 Gennaio 2024

la QUESTIONE

Quando è esercitabile il potere disciplinare da parte datoriale? Quali passaggi connotano il procedimento disciplinare? Quali sono i principi che regolano l’intero procedimento? Quali le prerogative di esercizio del potere sanzionatorio? Premessa

Nella articolazione semantica propria del nostro ambito laburistico è considerato prestatore di lavoro subordinato colui che si obbliga, mediante retribuzione, a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore.

E’, infatti, quest’ultimo che, nell’ossatura ordinamentale, rappresenta il principale artefice e garante del buon funzionamento dell’organizzazione dei fattori produttivi ed, in ultima istanza, del regolare svolgimento dell’attività di impresa ed è su di lui che si articola il concreto esercizio di quella libertà di iniziativa economica tutelata

NASPI: spetta al lavoratore costretto a dimettersi a causa di un legittimo ma rilevante mutamento della sede di lavoro, senza ulteriori oneri probatori

Paolo Patrizio

17 Gennaio 2024

NASPI: spetta al lavoratore costretto a dimettersi a causa di un legittimo ma rilevante mutamento della sede di lavoro, senza ulteriori oneri probatori | IUS LAVORO (giuffrefl.it)


Per l’accesso alla prestazione NASpI la legge richiede solamente l‘involontarietà della perdita dell’occupazione, ma non anche l’ingiustizia della determinazione del terzo cui si riferisce la risoluzione del rapporto o l’estraneità del lavoratore rispetto alla fattispecie risolutiva, tanto che la prestazione è sicuramente dovuta anche in caso di licenziamento legittimamente intimato per giusta causa. Ne discende che l’esercizio anche legittimo dello jus variandi datoriale può determinare modifiche essenziali dei contenuti del rapporto tali da rendere sostanzialmente impossibile per il lavoratore la prosecuzione dell’attività, come tipicamente può avvenire in caso di mutamento rilevante della sede o dei turni di lavoro, da cui consegue la spettanza dell‘indennità in parola  alla lavoratrice che si sia dimessa per tale impossibilità, adduncendo l’esistenza della giusta causa ed in assenza dell’impugnativa del trasferimento, senza ulteriori oneri probatori.